LA FLIPPED CLASSROOM

Stefano Cappuccio – Maria Grazia Ottaviani

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Gli attori del dibattito esistente nella Scuola italiana di oggi tra ICT (Information Communication Tecnologies) e didattica, possono osservare all’orizzonte della scuola americana nuovi scenari e modelli educativi interessanti ed innovativi; la Flipped Classroom ne rappresenta sicuramente la proposta che potrebbe trovare applicazione nei contesti educativi nei vari ordini di scuola.

Il modello Flipped Classroom rappresenta una proposta didattica che oggi vanta un suo manifesto, molteplici casi applicativi e una comunità di docenti, soprattutto negli Stati Uniti, dove ha avuto inizio e che anima la Rete con discussioni e testimonianze.

In questo modello didattico, ogni allievo è invitato a riflettere e ad impegnarsi a trovare una risposta adeguata che fornisce attraverso il suo dispositivo mobile.

Gli allievi discutono fra di loro confrontando le varie risposte e cercando di convincere gli altri, anche attraverso una discussione che può assumere toni anche molto vivaci.

Il docente passa tra i banchi, intercettando le conversazioni e individuando, anche attraverso l’espressione del volto,  eventuali difficoltà.

Trascorsi alcuni minuti il docente invita gli allievi a rispondere nuovamente e, normalmente,  la percentuale di risposte corrette è sensibilmente maggiore.

Questo approccio alla lezione in classe non sempre ha incontrato il consenso degli allievi che, di fronte alla richiesta del docente di trovare soluzioni a problemi mai studiati prima, hanno opposto in taluni casi anche forte resistenza.

Il termine Flipped Classroom, o classe capovolta, lontano dal riguardare gli arredi della stanza in cui avvengono quotidianamente le lezioni, sottintende quindi una “proposta pedagogica”[1] (Cecchinato, 2012).

Emersa all’interno della comunità degli insegnanti, oltre ad animare discussioni, all’interno di blog e forum, ha spinto gli stessi all’autoproduzione d’innumerevoli video e presentazioni che, oltre a voler testimoniare l’efficacia del modello, s’impegnano nello studio delle criticità.

Pur contando sull’ausilio delle tecnologie e in particolar modo quelle mobili, la Flipped Classroom non basa la sua efficacia su di esse, quanto piuttosto su un’adeguata elaborazione pedagogica.

Come prima descritto, nel modello tradizionale i due momenti, lezione frontale , studio – rielaborazione individuale, hanno luogo in momenti e ambienti distinti.

È l’aula ad accogliere la classe che assiste alla lezione tenuta dall’insegnante; lo studio invece, avviene a casa, di seguito alla lezione e i supporti didattici principali sono il libro di testo ed eventuali appunti presi in classe durante la spiegazione.

Nella maggior parte dei casi, quando studia e rielabora concetti, l’allievo è da solo.

Nel caso previsto dalla Flipped Classroom invece, l’allievo segue la lezione a casa, o in qualsiasi altro luogo, attraverso video/audio-lezioni, prodotte dal suo o da altri docenti, della stessa o di altre scuole.

L’aula, cui viene sottratto l’evento lezione frontale, diventa invece il luogo in cui gli allievi, insieme e/o suddivisi in gruppo, approfondiscono, dibattono, riflettono, ma anche sperimentano e rielaborano, quanto appreso a casa.

Se apparentemente a cambiare sono soltanto i luoghi in cui avvengono le cose di sempre, in realtà la differenza tra lezione frontale e “capovolta” consiste nel ribaltamento di ruoli e perciò anche di responsabilità.

1] Cecchinato, Flipped Classroom,(2012). Disponibile in: http://ospitiweb.indire.it/adi/Conv2012Lecce_atti/Cecchinato/c2LCg_frame_dir.htm (gennaio2013).

 

 


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